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Reggio Emilia - Camera del Lavoro

Il cuore del cooperativismo e delle lotte operaie e contadine

PALAZZO ANCINI FOTOTECA BIBLIOTECA PANIZZI, FOTO ROBERTO SEVARDI, Reggio Emilia 1920 ca. 

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 Arrivati davanti al portone di Palazzo Ancini, ove ha sede la Camera del Lavoro, videro l’ingresso aperto. Saliti agli uffici i fascisti trovarono, a quanto si dice, opposizione al loro ingresso per parte di alcuni impiegati; ne nacquero colluttazioni lungo le scale con qualche colpo di bastone. I fascisti ben presto rimasero padroni dei locali.
(I gravissimi avvenimenti di ieri sera, "Il Giornale di Reggio”, 9 aprile 1921) 

PALAZZO ANCINI FOTOTECA BIBLIOTECA PANIZZI, FOTO ROBERTO SEVARDI, Reggio Emilia 1920 ca. 

Palazzo Ancini FOTOTECA ISTORECO, FOTO ANDREA MAINARDI, REGGIO EMILIA 2022 

La proposta di costituire a Reggio Emilia una Camera del Lavoro fu avanzata nel corso di un congresso operaio tenutosi il 24 maggio 1901 per iniziativa della Federazione delle Cooperative di Lavoro e al quale parteciparono 77 associazioni: 22 cooperative di lavoro, 21 cooperative di consumo, 24 società di mutuo soccorso, 10 leghe di resistenza. Il congresso approvò con 70 voti favorevoli l'istituzione della Camera e deliberò inoltre di affidare ad una Commissione la compilazione di uno statuto. Il 7 luglio dello stesso anno, in un nuovo congresso provinciale, lo schema di statuto fu presentato e approvato, con poche modifiche, dai delegati di 70 associazioni. In base allo statuto la Camera aveva giurisdizione su tutta la provincia, sede nel capoluogo e comprendeva tutte le società di lavoratori che ad essa avessero dato formale adesione. 

Statuto e regolamento della neonata Camera del Lavoro di Reggio Emilia e Provincia, 1901. Da: "Uniti siamo tutto, alle origini della Camera del Lavoro di Reggio Emilia", Litograf, 2001, p.66 

metallurgici sciopero 1908

Metallurgici in sciopero, 1908. In prima fila, terzo da sinistra, è riconoscibile Antonio Vergnanini. Da: "Uniti siamo tutto, alle origini della Camera del Lavoro di Reggio Emilia", Litograf, 2001, p.70 


L'indirizzo e le linee di azione della Camera venivano discusse e deliberate dal Congresso, formato dai rappresentanti di tutte le società iscritte alla CdL, e veniva convocato di norma ogni anno. Inoltre nel tempo si costituirono succursali o uffici della CdL anche in diversi Comuni della provincia, in particolare a Guastalla con attività particolarmente rivolta all’emigrazione e alla tutela delle mondariso.
La Camera del Lavoro costituiva il punto di riferimento ed il luogo simbolico dell’intero progetto riformista in terra reggiana, come centro di organizzazione politica e sindacale, come istituzione fondamentale operante sul territorio accanto al Municipio, alla Prefettura e alla Chiesa. Il primo segretario della Camera del Lavoro (1901) fu Antonio Vergnanini, da poco rientrato dalla Svizzera dove si era rifugiato nel 1895 durante la violenta repressione del Governo Crispi contro i socialisti. Vergnanini diresse l’organizzazione fino al 1912, quando divenne segretario nazionale della Lega delle Cooperative e Mutue. 

MANIFESTO PER LA DIFFUSIONE DELLA STAMPA SOCIALISTA, SOCIETÀ ANONIMA COOPERATIVA. FOTOTECA BIBLIOTECA PANIZZI, REGGIO EMILIA 1916 CA.   

Insediatasi a Palazzo Ancini, in via Luigi Carlo Farini, l’edificio ospitava anche la Federazione delle Cooperative di consumo (1902) e il Consorzio Cooperative di consumo (1904), oltre che la sede delle varie Cooperative e Leghe contadine e operaie. Al piano terra gli uffici e il negozio della Cooperativa stampa socialista. 

Segretariato centrale della Camera del Lavoro, 1910. Da: "Uniti siamo tutto, alle origini della Camera del Lavoro di Reggio Emilia", Litograf, 2001, p.84 

Già nei primi anni del secolo la Camera del Lavoro era presente in 35 comuni su 45 e in oltre 200 frazioni della provincia. Questo il racconto dell’assalto squadrista alla Camera del Lavoro riportato sul quotidiano Reggio Democratica il 30 dicembre 1945: "Data l’ora tarda gli impiegati erano usciti e il portone era chiuso. Alcuni squadristi entrati nel Caffè Roma, si calarono attraverso una finestra nel cortile e poterono così aprire il portone ai loro degni compagni. Proprio in quel mentre scendevano dallo scalone, alcuni membri del Comitato della lega carto-librai che avevano appena terminato una riunione. Furono i primi a subire le violenze dei fascisti, specialmente l’anarchico Torquato Gobbi che venne gravemente bastonato. Quindi cominciò l’opera vandalica in tutti gli uffici. Dalle finestre vennero gettati registri, schedari, ritratti, libri e giornali, anche parte dei mobili fu fracassato. I fascisti rimasti in via Farini e in via Serra fecero cataste di tutto questo e vi appiccarono fuoco gridando e cantando. Macchine da scrivere, ciclostili ed oggetti (dei quali, si badi, potevasi ricavare un guadagno) vennero asportati dai puri idealisti della nuova era. … la devastazione era stata completa. Tanto che un reduce di guerra così riassunse le sue espressioni: “mi sembra una delle case venete dopo il passaggio dell’invasione austriaca”. Ma l’opera dei vandali non si fermò qui. Anche al pianterreno i fascisti capitanati da quell’aborto di Bagonghi, fiancheggiato dal ben noto Camellini e da altri degni compari, entrarono nel negozio della Coop Stampa Socialista e dopo aver minacciato con la rivoltella Nino Prandi e la commessa Varini buttavano tutto sottosopra dando fuoco ai libri e ai giornali. Anche qui gli invasori non vollero venir meno alle loro nobili tradizioni già applicate quando devastavano le case del popolo, il Prandi infatti fu derubato dei soldi che aveva nella sua giacca. Infine gli squadristi raggruppatosi intorno a Giacomo Iori, Milton Lari ed altri, si avviavano di corsa verso la sede de “La Giustizia” sparando per aria colpi di rivoltella".

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