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Reggio Emilia - Sede del quotidiano “La Giustizia”

La voce del riformismo reggiano

PIAZZETTA PIGNEDOLI FOTOTECA ISTORECO. FOTO ANDREA MAINARDI, Reggio Emilia, 2021 

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Hanno annientato il giornale delle nostre idealità nella vana illusione di soffocare per sempre la voce libera e schietta che guidò per anni ed anni a tante battaglie e a tante vittorie. Vano sogno torbido e triste. Il nostro giornale e le nostre istituzioni vegliano sempre e dalle ceneri del rogo che vorrebbe annientarle risorgeranno più forti e più salde” 

Dinanzi al rogo, “La Giustizia”, 10 aprile 1921

Piazzetta Pignedoli dove aveva sede il quotidiano “La Giustizia”. FOTOTECA ISTORECO, Reggio Emilia, 1944 ca. 

PIAZZETTA PIGNEDOLI. FOTOTECA ISTORECO. FOTO ANDREA MAINARDI, Reggio Emilia, 2021 

“La Giustizia” settimanale nacque nel 1886 per volontà di Camillo Prampolini, la versione quotidiana il 1° gennaio 1904 con la direzione di Giovanni Zibordi (1870-1943) per i tipi della Cooperativa Lavoranti tipografi. La prima sede fu in via Farini presso la Camera del Lavoro poi, il 5 agosto redazione e amministrazione si trasferirono sopra il laboratorio della Coop. Tipografi in via Gazzata, nei locali attigui alla sede dell’Orfanotrofio Maschile (oggi Liceo Classico “Ludovico Ariosto”). A poca distanza, all'interno dell'ex Convento di Sant’Ilario, nel 1902 era stata aperta l’Università popolare voluta da Antonio Vergnanini, poi confluita nel 1908 nella Biblioteca Popolare, promossa dal Comune e dalla Camera del Lavoro. 

Camillo Prampolini e Giovanni Zibordi. Fototeca Biblioteca Panizzi. Reggio Emilia, 1916

Giovanni Zibordi nel suo studio al giornale. Fototeca Biblioteca Panizzi. Foto Manlio Bonaccioli, Reggio Emilia, 1916

interno sede la giustizia

Interno della redazione de "La Giustizia" con Camillo Prampolini. Fototeca Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia, 1910 


“La Giustizia” fu il luogo principale di dibattito e promozione del riformismo locale e nazionale, su di essa scrissero, oltre che Camillo Prampolini, tutti i principali quadri dirigenti socialisti dell’epoca: Antonio Vergnanini, Amilcare Storchi, Luigi Roversi, Nico Gasparini, Adelmo Sichel, Arturo Belelli, oltre che amministratori pubblici, parlamentari, dirigenti sindacali e cooperatori. Come ha sottolineato Degli Innocenti:

Il giornale ...poneva al centro del proprio interesse la ricerca di un rapporto con la massa dei lavoratori, una massa però cosciente, protagonista della propria emancipazione, organizzata, istruita e democraticamente operante. La visione gradualista e progressiva della storia contribuiva a rendere Prampolini tanto attento e sollecito verso i mutamenti sociali e i processi di emancipazione, quanto ostile ai moti inconsulti di piazza e alla violenza sovversiva di gruppi e avanguardie più o meno organizzate.

Dopo la devastazione dell'8 aprile Zibordi, messo al bando dai fascisti reggiani, dovette lasciare la città e la direzione del giornale fu assunta da Amilcare Storchi. Nel luglio 1922 “La Giustizia” (quotidiano) si trasferì da Reggio a Milano, interrompendo le pubblicazioni il 5 novembre 1925 dopo le violenze seguite all’attentato a Mussolini nello stesso giorno. Fu soppressa gran parte della stampa socialista, compresa “La Giustizia” domenicale di Prampolini (che, dopo l’assalto fascista, si era trasferita in via De Amicis dove aveva trovato sede anche la Federazione del Partito Socialista). Cessò le sue pubblicazioni quando, per lo scioglimento del Partito socialista con decreto del 5 novembre 1925, furono apposti i sigilli ai locali. Prampolini nel maggio 1926 si trasferì, insieme alla sorella e alla figlia, a Milano dove morì il 30 luglio 1930. 

"La Giustizia", 17 aprile 1921. Emeroteca Biblioteca Panizzi 

La tipografia del giornale "La Giustizia" dopo l'attacco fascista dell'8 aprile 1921. Fototeca Biblioteca Panizzi. Foto Ars, Reggio Emilia, 1921 

Questo il racconto dell’assalto che compare sul “Giornale di Reggio” il giorno dopo i fatti.

I fascisti salirono rapidamente e si trovarono di fronte all’on. Prampolini. Il deputato - che era stato lasciato completamente solo per la fuga di tutti i suoi “compagni” - non appena si trovò di fronte ai fascisti, cercò di invocare, in preda a viva emozione, alla calma, tanto più per la vicinanza di un istituto nel quale sono raccolti dei ragazzi. Dato lo stato di eccitazione degli animi non era però possibile essere, se non molto relativamente, ascoltati: i fascisti però con manifestazione e deferenza personale verso l’on. Prampolini, lo invitarono ad uscire, impegnandosi a condurlo fino alla propria abitazione. Ciò che effettivamente fu fatto mentre Prampolini insisteva ad affermare che sconfessava nell’assassinio del treno il carattere di socialista. In quella vari fascisti entravano senz’altro dell’ufficio occupato dall’on. Zibordi, il quale non c’era. L’ufficio fu devastato ed alle carte fu dato fuoco. Le fiamme si comunicarono rapidamente anche agli uffici laterali e il fuoco minacciava altresì a propagarsi a tutto il fabbricato e anche al pianterreno ove ha sede la tipografia, ma si annunciò l’arrivo dei carabinieri e delle guardie che giungevano trafelati seguiti a breve distanza dai pompieri con le macchine di spegnimento e gli attrezzi.

I gravissimi avvenimenti di ieri sera, “Il Giornale di Reggio", 9 aprile 1921

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