Tra il 1669 e il 1670, trasferire tutte le famiglie cristiane fuori dall’area destinata al ghetto e concentrare la popolazione ebraica in un piccolo spazio non fu un’impresa semplice, né dal punto di vista umano né da quello amministrativo. La zona interessata era tradizionalmente abitata da famiglie povere, sia cristiane che ebree.
Entro la Pasqua del 1670 furono completati i lavori urbanistici, inclusa l’installazione di sette portoni di accesso che venivano chiusi al tramonto e riaperti all’alba. Durante la notte, il ghetto restava sigillato e sorvegliato da guardiani cristiani, il cui mantenimento era a carico della Comunità ebraica.
Sull’arco che chiudeva la via fu murata un’epigrafe con lo stemma estense raffigurante l’aquila reale, da cui prese il nome Via dell’Aquila.
Il testo dell’iscrizione in latino recitava:
“Deo optimo maximo / dispersos per urbem haebreos / in hunc locum congregavit / serenissima Laura Ducissa Estensis / regentiae sue A. MDCLXXI DIE. I. IAN.” Ovvero: “Con il volere di Dio, la Serenissima Laura, Duchessa d’Este, riunì in questo luogo gli Ebrei sparsi per la città, nell’anno della sua reggenza 1671, il primo gennaio.”