La volta all’inizio della via suggerisce la disposizione dei portoni che chiudevano il ghetto reggiano dal 1671 al 1796. Per garantire la segregazione, si installano sette portoni: quattro lungo la via Emilia, due sul lato nord e uno verso la chiesa di San Rocco. Diventa un quartiere di residenza obbligata, con quattro strade parallele che formano isolati lunghi e stretti, soffocati da case che limitano luce e circolazione d’aria.
Durante il giorno, a portoni aperti, gli abitanti possono transitare lungo la via Emilia portando un segno giallo o arancione, mentre di notte via San Rocco rimane l’unico collegamento tra le strade del ghetto.
Quando nell’agosto 1796 le milizie francesi arrivano a Reggio, portando con sé le idee di libertà, uguaglianza e fraternità, la Comunità ebraica reagisce con cautela. Dopo varie trattative, il 18 ottobre i portoni del ghetto vengono infine abbattuti. Tuttavia, con il Congresso di Vienna del 1815 e il ritorno del duca Francesco IV, il ghetto è legalmente ripristinato con un decreto del 28 agosto 1814, e rimane fino ai Moti risorgimentali del 1859.
Per secoli, la comunità ebraica di Reggio conta tra le 800 e le 900 persone, a fronte di una popolazione complessiva che cresce da circa 15.000 nel 1671 a 50.000 nel 1861. In seguito, l’assimilazione e l’emigrazione verso città più industrializzate causano una progressiva riduzione della comunità, già in declino prima delle persecuzioni naziste.
Via della Volta. Fototeca biblioteca Panizzi, raccolta Regiensia – vol. XIII. Reggio Emilia 1900 ca.